In
questo cd troverete cose registrate e composte nell’arco di un
bel po’ di tempo. Dalle registrazioni analogiche de “Il
Caricatore” e “La vita è una sola” alle registrazioni
digitali de “Il resto di niente”. A parte le considerazioni
sul progresso o regresso compositivo, riascoltare i masters mi ha dato
modo di rimpiangere l’era del nastro e del missaggio analogico.
Sentire per credere...
Due parole sul materiale che vi propongo:
“Il caricatore” era un bel film girato in bianco e nero
da tre registi, Nunziata - Gaudioso - Cappuccio, le cui musiche furono
registrate ed eseguite in diretta contemporaneamante alla proiezione
delle immagini. Una cosa un po’ all’antica che però
garantisce una partecipazione dei musicisti alle emozioni del girato.
Tutto questo si paga con delle esecuzioni spesso un po “arrunzate”
e “sporche”. Cose alle quali però uno s’affeziona...
De “Il caricatore” vi fu un seguito dal titolo “La
vita è una sola”. I tre registi (e non vi sto a raccontare
che delirio è lavorare con tre registi contemporaneamente, il
più delle volte in rotta di collisione tra di loro...) mi chiesero
di registrare una parte dell‘ouverture de “La forza del
destino” di Giuseppe Verdi e, studiando la partitura, decisi di
usare per l’intera colonna sonora parti e spezzoni, piccoli frammenti
ritmici dell’opera verdiana. Ne è uscita fuori una specie
di variazioni sul tema, con versioni dub o alla Santo & Jhonny,
per non parlare del finale alla Albertone. Per inciso, tutta l’opera
fa continuo uso dell’incipit tipico dello “sturm und drang”
di germanica memoria, ovvero tre note corte seguita da una lunga. Il
celeberrimo ta-ta-ta-taaaaa della quinta di Beethoven ad esempio, o
tanti temi sinfonici di babbo Haydn. Ai tre eroici registi la versione
di chiusura de “La vita è una sola”, personale omaggio
ad Albertone e Piero Piccioni, non piacque tanto, essendo che si cominciarono
a prendere un po troppo sul serio, e nel film non fu inserita. Io ve
la piazzo comunque nel cd e la intitolo “Tre registi per fare
un film?” per puro spirito di vendetta, eh eh.
“Il resto di niente” è un libro di Enzo Striano che
Antonietta De Lillo ha trasportato in pellicola. Al momento in cui scrivo
non si sa se il film sarà terminato oppure no. Uno dei tanti
naufragi. La storia è ambientata nella Napoli della rivoluzione
del ’99 ed è un ritratto di Eleonora Pimentel Fonseca.
Ho usato molte musiche coeve tra cui ho scelto due brani tratti dalle
sonate per clavicembalo di Cimarosa e un Fandango dalla scena del ballo
de “Le nozze di Figaro” Mozartiane. Il fandango è
una danza popolare spagnola che ebbe una enorme diffusione nel settecento.
L’origine popolare dei temi è testimoniata dal fatto che
lo stesso fandango de “Le nozze” lo ritrovate con pochissime
varianti nel balletto “Don Juan” di Gluck, scitto una decina
di anni prima. Ma Il più celebre fandango resta quello del quintetto
per chitarra e archi nr. 5 di Boccherini, dal quale ho importato l’uso
delle nacchere, non previsto in partitura originale. Un omaggio alle
origini portoghesi della Pimentel è “Eleonora”, in
cui si fa uso dello strumento principe della musica tradizionale portoghese.
L’indicazione “piano preparato” non indica che abbiamo
cambiato collettore e carburatore al Yamaha di Piero, ma solo che abbiamo
ripreso la tecnica di Cage di infilare nelle corde del piano le cose
più disparate: chiodi, monete, gomme da masticare, matite, preservativi
usati, la linguaccia di un amico nostro...
Storia a parte gli altri brani, che ad esclusione di “Lettere
dall’America” tratto da l’omonimo film di Gianfranco
Pannone, non hanno niente a che vedere col cinema. O quasi... perché
“Smiling Gianni at SuperFly” è un rimasuglio delle
musiche che avevo scritto in prima stesura per “Amnesia”
di Gabriele Salvatores, scartato dal regista insieme ad altri temi che
potete trovare su “Anime candide”.
Il tema di questo brano è sviluppato sulle note SIb La Do Si,
ovvero il nome Bach nella notazione tedesca. Insomma il tema dell’
“Arte della fuga”: dissacrante, nu’ ve pare? E per
essere ancora più precisi, segue lo stesso criterio che usò
il grande Rota per i suoi “Due valzer sul nome di Bach”,
poi diventati parte de la colonna sonora de “Il Casanova”,
che ne deformò il nome disperdendo su più ottave le fatidiche
note.
L’ “Allegro scherzando” dal quartetto nr. 6 ha una
storia strana. E’ stato scritto nel ’75, quando dunque avevo
quindici anni, e a parte le considerazioni su un tipo che a quindici
anni invece di starsene alla discoteca a “curriare” le ragazzine
se ne sta a casa a scrivere ‘ste cose, fu scritto per un concorso
di composizione per quartetto di flauti dolci. Scrivevo senza potere
ascoltare cosa combinavo visto che a casa il pianoforte non c’era
e mai ci sarebbe stato data la situazione finanziaria (papà il
massimo che si potè permettere fu un flauto dolce di plastica,
marca Rollins, però...). Poi quando ho comprato il primo computer
m’è venuto lo sfizio di vedere se quello che scrivevo da
giuvinetto aveva una coerenza. E a dire il vero non mi sembra proprio
‘na schifezza, non dico che poteva vincere, ma almeno ‘na
letterina con scritto “caro giovine, apprezziamo il fatto che
non siete andato a giocà a pallone per scrivere ‘sta cosa,
continuate che qualcosa accocchiate” me la potevano mandare dalla
Società Italiana del Flauto Dolce...
“Il valzer del Cocciolone” è stato composto per “l’amico
e collega” Mimmo Maglionico, scapocchione che ha fatto il conservatorio
con me, entrambi allievi del mitico Pasquale Esposito. La dedica è
all‘eroico Cocciolone, antenato degli odierni italici guerrieri,
e la successione programmatica del brano è “decollo, volo
e tracollo”.
Le tre “kleine truffen” sono il seguito di quelle pubblicate
nel vol. 1, ne sono 31 in totale e questo vi farà capire che
vi sorbirete anche un vol. 3.
“’A jatta” è l’adattamento in napoletano
di “El me gatt” dell’amico e compagno Ivan Della Mea.
Una canzone scritta negli anni ’60 in milanese. L’arrangiamento
è un omaggio al grande Gino Negri, dei cui dischi facevo abuso.
Un brano dedicato ad un mio simpatico vicino di casa che di gatti me
ne ha fatti fuori quattro.
“Che fine ha fatto Beppe Pupilla?” viene fuori da musichette
che preparavo per un cartone animato, un “Pinocchio” disegnato
da Mattotti e di cui poi non se ne è fatto niente. Un altro nufragio.
Il testo è stato suggerito a Dario da suo figlio Filippo, che
quando si farà più grande gli farà causa.
“Summer is icumen” e “Bulla fulminante” sono
parte della mia fissazione nel rileggere il repertorio medievale, fin
dagli anni di “Vite perdite”. Il primo è un canone
inglese del ‘300, il secondo è un carmina Burana il cui
testo è particolarmente forte. Approfitto per ringraziare Gordon
Poole e Luigia Padalino per i loro consigli sulla corretta pronuncia
dell’arcaico inglese.
“Amarcord” fa parte degli arrangiamenti scritti per i “Mandolinaples”,
quartetto di mandolini formato da i componenti dei ”Popularia”,
storico gruppazzo della zona industrale partenopea.